Ventidue miliardi l’anno. E’ il mostruoso costo che la burocrazia italiana scarica sulle imprese artigiane, micro, piccole e medie. Per semplificare, mediamente si tratta di 5mila euro l’anno a impresa, 16 euro al giorno, due euro all’ora. Lo certifica una indagine del Centro studi CNA dedicata a “Piccole imprese e Pubblica amministrazione: un rapporto (im)possibile”. Indagine condotta su un campione, rappresentativo del settore, di 1035 imprese associate alla Confederazione (quattro su cinque con meno di dieci addetti) sul modello di un’analoga iniziativa svolta tre anni fa.
Spreco di tempo e di risorse
Per compiere tutti gli adempimenti richiesti dalla Pubblica amministrazione, nel 41,3% delle imprese coinvolte si bruciano fino a tre giorni lavorativi al mese, nel 32,2% fino a cinque, nel 9,1% fino a dieci e nel 6,8% oltre dieci, mentre nel 10,7% s’impiega meno di una giornata lavorativa. La consulenza di soggetti esterni è molto diffusa: il 46,5% delle imprese se ne avvale sempre (erano il 61,1% tre anni fa) e il 36,6% spesso (contro il precedente 32,2%).
Questo dispendio di tempo, risorse ed energie zavorra il sistema Paese: quasi nove imprese su dieci (l’89,7%) ritengono che la cattiva burocrazia costituisca un ostacolo serio alla competitività.
Leggi complesse & richieste ripetute
Ma quali sono gli elementi che pesano di più? La complessità delle norme rimane di gran lunga il principale problema sofferto: il 67,8% delle imprese boccia la qualità legislativa italiana sia per la scarsa chiarezza sia per la stratificazione, nel tempo, di provvedimenti spesso motivati dall’urgenza. A livello settoriale sono le imprese edili (74,3%) e i fornitori di servizi alle imprese (71,4%) a patire maggiormente la complessità delle norme. Tra i problemi più acuti, a grande distanza, la quantità elevata di informazioni (43,8%) chieste dall’amministrazione pubblica e la lentezza della macchina burocratica (27,5%). Una valutazione disomogenea a livello territoriale: i ritardi della Pubblica amministrazione nel fornire risposte sono sentiti come grave problema nel Mezzogiorno (48,2% delle imprese) ben più che nelle regioni settentrionali (24%).
La (lieve) inversione di tendenza
La foresta pietrificata, però, sta lentamente, molto lentamente, tornando alla vita. I cambiamenti introdotti nella legislazione da due anni a questa parte (Delega fiscale, Jobs Act, Riforma della Pubblica amministrazione) sono giudicati in maniera positiva da quasi un’impresa su tre (29,5%) più di quante esprimono un parere negativo (22,4%), con una fetta di poco inferiore alla metà degli intervistati che non percepisce cambiamenti evidenti.
Nel campione di imprese che ha partecipato all’indagine la conoscenza delle semplificazioni introdotte è diversificata, anche perché alcune novità interessano solo settori specifici. Il tema fisco rimane il più caldo e anche il più noto: l’89,1% delle imprese che hanno partecipato all’indagine si dichiara a conoscenza delle novità. Seguono le nuove norme sul lavoro (61,4%), la riforma della Pubblica amministrazione (41,5%), le nuove disposizioni in tema di appalti (27,9%), che però interessano prevalentemente il settore costruzioni, e di ambiente (25,6%). La conoscenza delle semplificazioni non è sinonimo di apprezzamento: più di due terzi delle imprese ritengono che le procedure, in realtà, non siano state semplificate. Con il picco negativo del 72,8% per le norme ambientali, seguito dal 72,3% di bocciature per la riforma della Pubblica amministrazione, dal 71,3% per il nuovo Codice degli appalti, dal 62,4% per le novità nel mercato del lavoro, dal 60,7% per le modifiche introdotte in materia fiscale.
Il Durc online modello di successo
Utilizzati in maniera diffusa e molto apprezzati sono alcuni strumenti di semplificazione. Il 66,9% delle imprese che hanno partecipato al sondaggio ha usato il Durc online, il 34,9% lo sportello unico di interlocuzione tra impresa e Pubblica amministrazione, il 34,8% la Scia (Segnalazione certificata di inizio attività), il 19% il “silenzio-assenso”, il 9,7% la Conferenza dei servizi. A riscuotere i maggiori consensi tra le imprese è proprio la semplificazione auto-applicativa per eccellenza: il Durc online è giudicato “efficace” dal 76,4% degli intervistati (con il 52,3% di entusiasti che lo definiscono “molto efficace”). A seguire nella graduatoria di soddisfazione sono la Scia, promossa dal 54,2% delle imprese, e il “silenzio assenso”, uno strumento valutato efficace dalla metà esatta delle imprese che lo hanno utilizzato.
Il consenso ottenuto dal Durc online dimostra che la semplificazione dei rapporti tra Pubblica amministrazione e imprese passa ormai, significativamente, per il sistema telematico, che garantisce un’interazione tempestiva e semplice tra soggetti pubblici e privati.
Imprese sempre più telematiche
Ormai un’impresa su tre (33,4%) riesce a sbrigare più della metà delle pratiche burocratiche online, contro il 28,7% di tre anni fa. Il 95% degli intervistati usa abitualmente i siti della Pubblica amministrazione. Ma l’83,7% ritiene che le informazioni siano accessibili solo dopo una lunga ricerca (con il 5,7% che lamenta l’assoluta irreperibilità delle notizie utili). Il 62,2% delle imprese non ritiene adeguato il livello di informatizzazione del settore pubblico. Una maggiore e migliore informatizzazione porterebbe a risposte più chiare e tempestive da parte del 41% delle imprese, a una riduzione dei costi per il 34% e a una maggiore certezza nei tempo di conclusione dei procedimenti amministrativi per il 25%.
Le macchine, però, non possono risolvere tutti i problemi. Non a caso, tra le priorità delle imprese che hanno partecipato alle indagini, svetta la maggiore qualificazione del personale pubblico (61,3%), seguita dall’adozione di modulistica standard sull’intero territorio nazionale (49,2%), dalla facilità di ottenere informazioni sullo stato di avanzamento delle procedure già avviate (34,7%) e dalla possibilità di pagare online tutti gli oneri connessi a servizi e/o adempimenti chiesti dall’amministrazione pubblica alle imprese (22,5%).
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